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 Trento
, 22 ottobre 2009 
        Orti e giardini nella scuole trentine: per ri-educare al  rapporto con la terra  
        Ordine del giorno n. al testo unificato dei DDL n. 15, 27 e 28 concernente “Norme  per la promozione dei prodotti agricoli e agroalimentari di prossimità e per  l’educazione alimentare e il consumo consapevole” 
        presentato da Roberto Bombarda 
        consigliere provinciale dei Verdi e Democratici del Trentino 
              Premesse 
        le finalità e gli strumenti di intervento previsti dal testo  unificato in oggetto 
              Visto che 
        l’articolo 11 afferma che “i piani di studio provinciali del  primo e secondo ciclo d’istruzione assicurano lo studio delle caratteristiche  storiche, produttive, economiche e ambientali dell’agricoltura trentina” 
              Considerato che 
        Occorre portare all’attenzione dell’opinione pubblica e  delle istituzioni e dell’opinione pubblica il problema evidente del distacco  sempre più forte tra i giovani e la terra. Fintanto che il Trentino, come il  resto d’Italia, era figlio di una civiltà contadina, i giovani crescevano  vicino ai campi, agli orti, ai frutteti ed imparavano dai familiari come  lavorare la terra. Ma, accanto al duro lavoro, apprendevano pure le basi  elementari dei cicli della natura: “il pane sotto la neve” della stagione invernale,  il risveglio della primavera con l’apprestamento dei terreni e la semina, il  lavoro estivo in attesa del sole e della pioggia, infine l’autunno con la  raccolta ed il momento del “ringraziamento”. 
        Per poi aprire un nuovo ciclo, come da epoche immemorabili.  E con il lavoro imparavano pure il valore dei beni naturali, l’acqua da  utilizzare con parsimonia, il ruolo degli animali, dalle api agli uccelli, fino  agli asini ed ai buoi per il traino degli attrezzi. Ora che anche il nostro  territorio si sta urbanizzando sempre di più, che l’agricoltura e l’allevamento  sono praticati da una esigua minoranza, in diversi casi estremamente  motorizzata e non più memore del rapporto atavico coi campi, e che anche nei paesi  posti nelle vallate più marginali l’espansione dell’edilizia lascia sempre meno  posto alle aree orticole ed agricole, in particolare all’interno od in  prossimità degli abitati, sia sta perdendo la “buona abitudine” di coltivare –  anche part-time – i campi, gli orti ed i frutteti (per non parlare  dell’allevamento, in particolare del piccolo allevamento di tipo familiare, ancor  più penalizzato ed ancor più in crisi). I nostri giovani, esperti in tecnologie  informatiche e telecomunicazioni (senz’altro utili, ma non più di altre  conoscenze per così dire “tradizionali”) non sanno più da dove arrivino il  latte ed i formaggi, quale importanza abbia per l’intero ecosistema il piccolo  insetto che ci dona il miele, quanta passione e quanti sacrifici servano per portare  al mercato una mela o una patata eccellenti dal punto di vista organolettico. 
        Un altro aspetto di questa situazione, spesso non  considerato, riguarda il legame tra la conoscenza della campagna, l’educazione  alimentare, l’impatto delle scelte individuali sull’economia di un territorio.  Chi mette le proprie mani nella terra sa anche riconoscere ed apprezzare i  prodotti che è in grado di offrire. Sa quanta fatica e quanto amore occorrano  per produrre qualità. Sa riconoscere al prodotto il giusto prezzo e quindi al  produttore l’adeguata remunerazione al proprio lavoro. E’ più capace di fare  scelte alimentari consapevoli, di privilegiare il prodotto locale, a basso  impatto, di stagione. E questa capacità ha enormi ricadute di tipo economico  quando viene esercitata dalla sommatoria di tutti i consumatori,  dall’acquirente al supermercato, o dall’amministratore della mensa pubblica,  eccetera. 
        Poiché tutte le cose di questo mondo si imparano soprattutto  grazie all’educazione che fornisce qualcuno, in prevalenza la famiglia o la  scuola, anche l’educazione alimentare dovrebbe passare attraverso vari momenti  di apprendimento. E poiché, come poc’anzi rammentato, l’educazione alimentare  deriva spesso dall’esperienza diretta – che rimane, in genere, il metodo pedagogico  più apprezzato dai giovani di ogni epoca – sembra per nulla secondario proporre  che gli istituti scolastici, ovviamente affiancati dalle associazioni dei  coltivatori, dall’Istituto agrario di San Michele, dagli educatori ambientali  delle rete provinciale promossa dall’APPA, dai Musei (come quello di Scienze  naturali o il “Civico” di Rovereto leader nello studio della botanica), dai  Parchi e dagli altri enti funzionali della Provincia possano progressivamente  introdurre, dove possibile e nel pieno rispetto della loro autonomia  scolastica, piccoli orti, serre, giardini, attraverso i quali avvicinare i  giovani alla terra, alle sue dinamiche – il ciclo delle stagioni, l’impiego  dell’acqua, la forza del sole, eccetera – ai prodotti che ci dona, alle loro  caratteristiche biologiche ed alimentari. Il ciclo sarebbe quindi idealmente  completato se questi prodotti della terra fossero poi impiegati nelle mense  delle stesse scuole, con un risparmio (sia pur modesto), sui costi complessivi  della ristorazione. Va detto, per correttezza, che da anni alcuni istituti ed  alcune scuole materne operano già in questa direzione, in alcuni casi anche con  la collaborazione esterna di educatori preparati, ma questo accade più per  l’ambizione e la buona volontà di singoli insegnanti che portano avanti un onesto  impegno educativo, che non per una visione complessiva del ruolo della scuola  trentina. E’ vero anche che il massimo della produzione orticola avviene nel  periodo estivo, quando le scuole sono chiuse, ma con l’ausilio di serre, con  l’attivazione di alcune collaborazioni e con programmazione ed avvedutezza si  potrebbero comunque produrre anche negli altri periodi dell’anno – a piccole  quantità – diversi prodotti, che in casi di eccedenze potrebbero in ogni caso essere  raccolti e commercializzati da coltivatori locali o da cooperative agricole,  oppure ancora da enti di assistenza per destinarli al consumo di anziani o di  famiglie in difficoltà economiche. 
        Ciò che qui si propone è un’iniziativa di sistema, sul  modello di quelle già sviluppate in altri Paesi europei. In Gran Bretagna, ad  esempio, opera da anni un grande progetto nazionale, ideato dalla Royal  Horticultural Society e denominato “Campaign for School Gardening”, per portare  all’attivazione in ogni scuola di un orto e di un giardino. Uno staff di  persone competenti, siti internet ed appositi strumenti di informazione,  momenti di formazione ed aggiornamento degli insegnanti stanno rivoluzionando  il rapporto tra i giovani e la terra, riavvicinandoli alla campagna, educandoli  a conoscere, apprezzare e conoscere i prodotti. Sempre in Gran Bretagna opera  pure il progetto educativo denominato “Forest schools”, dedicato in questo caso  ad avvicinare i giovani in modo innovativo e divertente al bosco ed alla  natura.  
      Ciò premesso 
      il Consiglio impegna la Giunta provinciale 
              1. ad avviare e finanziare in via sperimentale, nel rispetto  dell’autonomia scolastica dei singoli istituti, in collaborazione con le  associazioni dei coltivatori e con l’Istituto agrario di San Michele all’Adige  (Fondazione Mach), con i Musei, i Parchi e gli altri enti funzionali della Provincia,  un progetto per la diffusione degli orti e dei giardini nelle scuole trentine, avviando  così un percorso virtuoso di conoscenza e rispetto verso la terra, verso l’agricoltura,  per la conoscenza ed il consumo dei prodotti locali e di stagione. 
              Roberto Bombarda 
        Michele Nardelli, Michele Dallapiccola 
        
      
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ROBERTO  
BOMBARDA 
   
  BIOGRAFIA 
    
   
   
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